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Sinossi

Eddie, la compagna Sara e il fedele amico Tony rapinano con successo ricche ville. La loro è una squadra affiatata e compatta ma ad un tratto qualcosa di inaspettato romperà quest’equilibrio.

Scheda tecnica

Regia: Angelo e Giuseppe Capasso
Cast: Valerio Amoruso, Andrea De Bruyn, Valentina D'Andrea, Fabio De Caro, Ottavia De Sintas, Marco Capodanno, Luigi Sepe, Paola Ferrini, Jurgen De Angelis, Simona Di Nardo, Frank Malone, Guido Burzio, Simona Chiarolanza
Fotografia: Mirco Sgarzi
Musiche: Luca Toller
Sceneggiatura: Angelo e Giuseppe Capasso
Produzione: APC independent Production
Aiuto regia: Lorenzo Cammisa
Montaggio: Giuseppe Petruzzellis
Operatore: Mirco Sgarzi
Operatore Steadycam: Luigi Scotto
Scenografia: Lorenzo Cammisa, Roberto Pellegrino
Costumi: Francesca Crispino
Make-up\Fx: Andrea Borgia
Brani Musicali: Jancce Pornick Casino, Endless Blue, Il Malpertugio, Luca Toller
Doppiaggio e Missaggio: Mediavox & Sound
Segretaria di edizione: Mariapia De Alteriis
Segretario di produzione: Luigi D'Orta
Foto di scena e Backstage: Fotonoir
Cine-Rent: Amnesia Media Solution

 
     Foto      Trailer       Premi & Press Book

1°Premio (Miglior film) “Tenebria International Film Festival” (ITA) 2010;
Miglior Regia “Tenebria International Film Festival” (ITA) 2010;
Miglior Montaggio “Villanova in Corto” (ITA) 2010;
Menzione Speciale della Giuria "XII VideoLab Film Festival" (ITA) 2010.

da: KinemaZOne

Terrible Truth, il cortometraggio di Angelo e Giuseppe Capasso di cui abbiamo già parlato su kinemazone, a un anno di distanza dalla realizzazione è ancora uno dei prodotti migliori del cinema breve indipendente italiano e pertanto, come da protocollo, la festivalcrazia ufficiale deve ancora accorgersene.
Non si contano i concorsi ai quali questo piccolo (neanche tanto) gioiello è stato selezionato (perchè innegabile è la qualità) e poi accantonato al momento delle assegnazioni dei premi solo perchè (immaginiamo a ragion veduta) colpevole di essere troppo diverso da quel concetto di cinema breve caro alle polverose giurie festivaliere. Non c'è un tema sociale di fondo, i personaggi non sono dei reietti della società, non parlano in dialetto e - gravvissima cosa - la storia esce dal contesto provinciale fino addirittura ad aspirare all'internazionalità.
Superbamente diretto, brillantemente recitato, magistralmente fotografato (c'è un Mirco Sgarzi al meglio delle sue possibilità) e perfettamente doppiato, Terrible truth è un durissimo noir all'americana, dove questa espressione - una volta tanto - è usata nella migliore delle sue accezioni, ovvero per indicare sintesi, efficacia e ritmo (semi)perfetto della narraizone. Il massimo riconoscimento che il corto dei simpatici e bravissimi fratelli Capasso ha ottenuto è stata una menzione speciale al XII videolab Film Festival di Ragusa. In compenso, però, non si contano le manifestazioni di stima e consenso che il corto riceve in rete.
Ultima l'intervista di Paola Tarasco su ecotv che credo sia un ottimo punto di partenza per conoscere sia i registi che il corto, che potete vedere integralmente su Vimeo (anche se la qualità del video non gli rende giustizia).

Ferdinando Carcavallo

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da: EcoTV

Storia asciutta, essenziale, dai caratteri ben definiti impreziosita dalla voce fuoricampo quanto mai azzeccata, essenziale e mai invadente; aspetti che ne esaltano il tratto registico. “Terrible truth” di Angelo & Giuseppe Capasso è stato presentato all’interno del Festival “L’altro Corto” dedicato al cinema breve organizzato dall’associazione culturale “Punto Com”.
E’ il triangolo amoroso che coinvolge tre amici, che tanto ricorda François Truffaut alla “Jules e Jim” ma rivisto in chiave noir dalle forti tinte pulp, che si alterna al crimine di cui spesso è un lato inconciliabile, attravero pause narrative che intreccianoossessioni, paranoie, e squilibri psicologici legati in età infantile.
La fotografia è di Mirco Sgarzi ed il tocco elegante e sensuale delle musiche è del musicista Luca Toller, la sceneggiatura degli stessi fratelli Capasso, e forse è proprio questa la caratteristica migliore del film. Fin dai primi fotogrammi si intuisce l’abilità registica sia nei tecnicismi che nella professionalità cosa ravvisabile nella minuziosità dei flashback.
I personaggi sono ben caratterizzati e con l’incalzare della narrazione prendono forma e vengono arricchiti di maggiore sfumature che danno spessore al tessuto attoriale. Lo sviluppo della narrazione è in continuo divenire e ciò fa in modo che lo stridore tra le premesse della storia e la sua conclusione avvenga senza alcun tipo di forzatura narrativa. L’uso delle maschere enfatizzano la caratterizzazione dei personaggi che ben si armonizzano con soluzioni scenografiche intriganti.
Un corto alla Lupen che non si perde in grinze narrative ma cattura l’attenzione fotogramma dopo fotogramma…

E’ un corto senza sbavature ed incisivo arricchito da soluzioni visive spesso bizzarre che presentano un’ ironia sottile e grottesca alla Tarantino. E’ stato lui ad ispirarvi?

È di certo un dato di fatto che ogni autore venga influenzato, più o meno consapevolmente, da quello che è il suo bagaglio culturale. Tarantino si trova sicuramente tra i cineasti che apprezziamo molto, tuttavia non possiamo dire di esserci ispirati a lui per questo lavoro. È probabilmente nella scelta ritmica del film e nell’uso di un linguaggio abbastanza “colorito” che emerge, a nostro avviso, la similitudine più palese con la cinematografia Tarantiniana, ma il tutto si ferma qui! L’elemento che distacca maggiormente “Terrible truth” da ogni accostamento a Tarantino sta nella scelta del personaggio. Le parole “piccanti” che talvolta usano i nostri personaggi e le vicende che vivono, come un involucro, nascondono il fondamentale particolare che li differenzia.
La caratteristica che, in linea di massima, accomuna quasi tutti i personaggi Tarantiniani è il loro essere “positivi”. Uma Thurman in “Kill Bill”, Brad Pitt in “Bastardi senza Gloria”, Bruce Willis in Pulp Fiction e Harvey Keitel ne’ “Le Iene” sono tutti (anche se si tratta di criminali malfattori) dei veri e propri eroi che lottano (seppur con mezzi poco leciti) per conquistare la loro “nobile” esigenza drammatica. L’interprete di “Terrible truth” invece (ed in generale quelli dei nostri lavori precedenti) sono dei veri e propri perdenti, i classici antieroi che seguono durante il loro percorso la via sbagliata e miseramente falliscono.
Eddie, suo malgrado, è un personaggio negativo e senza possibilità di riscatto. Da questo punto di vista crediamo che i nostri personaggi siano più accostabili a quelli di Scorsese per quanto riguarda il cinema e a quelli di Bukowski per la letteratura, autori tra l’altro dai quali Tarantino ha attinto molto.

Avvezzi all’horror, vi siete spinti verso il noir che trascina con se il pulp, come avete costruito il plot?

L’orrore che ci interessa in particolar modo rappresentare non è quello dei fiumi di sangue e budella spappolate che si vede sovente nelle produzioni cinematografiche di genere “Splatter” bensì un orrore psicologico, tutto interno ai personaggi. Il Noir si presta molto a questo scopo.
D’altra parte è uno di quei generi che, a differenza di altri, offre una maggiore possibilità di lavorare con l’intreccio e questo è un aspetto che noi curiamo molto. I nostri plot sono sempre molto costruiti, ci piace pianificare tutto preventivamente e lavoriamo molto sullo storyboard.
La sceneggiatura prima di arrivare sul set passa su di un vero e proprio grafico atto a tenere sotto controllo il ritmo generale del film e a gestirlo settorialmente in relazione a quello che è successo prima e ciò che accadrà dopo della scena in questione. Lavorare in questo modo ci da’ una sorta di garanzia (non assoluta ovviamente) di non avere brutte sorprese sul set … poi si sa, nelle produzioni indipendenti l’ombra dell’imprevisto è sempre in agguato.
C’è chi non adotta questo metodo lasciando più spazio all’improvvisazione sul set, noi invece partiamo dal presupposto che è proprio grazie ad una buona pianificazione preventiva che si ha più campo libero per eventuali interventi non previsti dallo script.Più si conosce bene il percorso da seguire e il punto di arrivo, tanto più sarà difficile smarrirsi qualora si decida di lasciare la via maestra per un sentiero parallelo.
Il discorso cambia però sul lavoro con gli attori. In questo caso, per evitare di perdere spontaneità, non facciamo molte prove e non diamo troppe indicazioni se non quelle strettamente necessarie. A noi interessa far presente all’attore solo quello che vogliamo suscitare in quella determinata scena e poi sarà lui a fare il resto. Ovviamente non esiste una regola assoluta sul come fare in questi casi, quella migliore è di solito la più congeniale ad ogni singolo regista. Per quanto riguarda invece l’alone Pulp presente nel film, lo abbiamo marcato solo perché ci è sembrato particolarmente adatto al contesto nel quale sono calati i personaggi e la storia.

La fotografia ha un tratto ben definito, gioca molto sui chiaroscuri che vengono alternati a colori molto forti, come siete riusciti a dare un tocco così naturale e al contempo veritiero all’imprinting del corto?

Per noi la fotografia gioca un ruolo fondamentale nella costruzione di un film e non solo sul piano prettamente estetico/compositivo ma anche su quello evocativo. Il nostro è un film crudo, parla di ossessioni, paranoie, rapporti mal gestiti tra genitori e figli in età infantile. Per raccontare cose del genere ci è sembrato più opportuno usare una fotografia dal taglio netto e deciso.
Fondamentale a tale fine è stato l’apporto del nostro direttore della fotografia Mirco Sgarzi che ha saputo interpretare al meglio le nostre idee, condirle con il suo tocco personale e riportarle sullo schermo. Ovviamente una scelta fotografica del genere se mal gestita può portare ad un allontanamento da parte dello spettatore dandogli la sensazione di assistere ad una messa in scena poco veritiera e artefatta, ma fortunatamente, fin dalle prime proiezioni abbiamo notato che lo spettatore si integra abbastanza agevolmente nel mood della storia.

Girato in Mini DV in locations napoletane, quanto tempo hanno richiesto le riprese e quali sono state le difficoltà nell’usare un mezzo di così larga diffusione ma con un risultato così ben riuscito?

Le riprese ci hanno portato via complessivamente dieci giorni. Avendo girato in moltissime location, molto tempo è stato impiegato per spostare tutta la troupe e l’attrezzatura da un posto all’altro. In determinate scene del film vediamo muoversi i personaggi all’interno di quello che sembra essere un unico ambiente, ma in realtà ne sono diversi. In particolare la scena della rapina alla villa è stata girata in quattro location differenti e … ahinoi anche abbastanza distanti tra loro. Fortunatamente però, avendo collaborato con un cast artistico/tecnico molto professionale e competente, si recuperava in fretta il tempo perso senza sforare troppo rispetto al piano di lavorazione.
Per quanto riguarda invece l’utilizzo di un formato come il Mini DV la scelta è stata dettata essenzialmente dal budget a disposizione. Essendo limitate le nostre finanze abbiamo deciso di optare per il mezzo più economico cercando però di sfruttare al massimo le sue potenzialità. Abbiamo quindi montato davanti alla telecamera delle ottiche fotografiche che ci hanno dato modo di gestire al meglio la profondità di campo dando al prodotto finito una resa più simile a quella cinematografica e distante da quell’effetto “filmino delle vacanze” che si ha solitamente quando si gira in digitale.
In tal senso anche la postproduzione video, curata da Giuseppe Petruzzellis (montaggio e color correction) è stata fondamentale. Abbiamo sempre lavorato a distanza essendo lui di Ferrara e noi di Napoli. Ci scambiavamo materiale ed opinioni tramite internet e telefono per cui i tempi si sono allungati notevolmente, tuttavia questo confronto a distanza è stata un’esperienza bella e costruttiva.

Non credete che l’audio ritoccato (peccato!) in post produzione toglie un po’di spontaneità al cortometraggio costringendolo in una struttura forzatamente artefatta?

La scelta di doppiare l’intero film è stata fatta principalmente tenendo conto di un fattore pratico, ovvero la mancanza di problemi e di perdite di tempo sul set legate alla presa diretta.
Essendo “Terrible Truth” un film molto dialogato, difficilmente saremmo riusciti a chiuderlo in dieci giorni (che è già un tempo limite per un cortometraggio) se avessimo registrato l’audio durante le riprese. Sicuramente le due tecniche a confronto hanno un effetto diverso sul prodotto finale ma, partendo anche dal presupposto che in Italia si è abituati a guardare quasi solo ed esclusivamente film stranieri doppiati visto che ogni anno di quelli italiani (e quindi in presa diretta) se ne producono soltanto poche decine (purtroppo!), non ci siamo posti il problema più di tanto.

Intervista a cura di Paola Tarasco

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da: KinemaZOne

Che palle. A furia di parlar bene di tutti i cortometraggi che ci mandano finiremo di perdere di credibilità. E' che ultimamente la sfortuna ci perseguita e ci arrivano cortometraggi sempre migliori. Ma che fine hanno fatto i registi inetti? Finirò per restare solo.
Stavolta giochiamo in casa. Napoli, ambientazione vomerese, ma sfido chiunque a trovare una collocazione geografica qualsiasi a Terrible Truth, corto noir molto ma molto pulp (pure troppo avrebbe detto Thomas Prostata) opera seconda dei fratelli Angelo e Giuseppe Capasso.
Comincio subito a dire cosa c'è di negativo in questo lavoro. Si tratta sicuramente di una scelta precisa, ma l'ostentazione del turpiloquio tipico della cinematografia pulp di oltreoceano a volte sembrano caricaturali (ricordate la recestrip di "Death Proof" di Stefano Disegni). per il resto siamo di fronte a un gioiellino davvero niente male.
Storia essenziale, caratteri ben definiti, uso ottimo della voce fuoricampo mai invadente e recitazione davvero di buon livello (nonostante il fottuto doppiaggio di cui sopra).
I fratelli Capasso ci presentano una sorta di Jules et Jim in chiave noir, la storia di tre amici con l'hobby del furto di appartamenti. Tra due di loro c'è una passionale storia d'amore ma, come spesso i noir ci hanno spiegato, sesso, amore e crimine sono incredibilmente inconciliabili.
La fotografia è di Mirco Sgarzi (32 di Michele Pastrello) che ormai ha trovato il modo di firmare ogni suo intervento con giochi di chiaroscuri e colori forti molto personale, e la sceneggiatura degli stessi fratelli Capasso, e forse è proprio questa la caratteristica migliore del film. Una scrittura che si ispira più alle Graphic Novel di genere che al quel cinema che il fumetto ha fortemente influenzato negli ultimi anni. Ogni tanto si ha l'impressione di veder comparire un cartoon da qualche parte sullo schermo.
Infine è doveroso ricordare il tocco magico delle musiche del musicista Luca Toller, anche lui napoletano ed anche lui bravissimo. Bello davvero.

Ferdinando Carcavallo

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da: MpNews

Tutto procede con ilarità  e affiatamento fino a quando la maschera di Eddie finisce distrutta, dai morsi di un cane da guardia, proprio durante uno dei colpi. In quel momento sembra che le loro "vite perfette" inizino ad incrinarsi e a prendere delle strade prima inimmaginabili.
Angelo e Giuseppe Capasso firmano un perfetto dramma della gelosia: Eddie che in infanzia aveva involontariamente assistito ad un appassionato incontro carnale tra sua madre e suo padre, e questo suo trauma infantile si risveglia, stranamente, proprio in concomitanza con la perdita della sua maschera.
Come spogliato dalla sua instabile facciata di falsa sicurezza e aggressività, l'equilibrio mentale di Eddie inizia un processo inarrestabile che lo porterà ad un fragoroso tracollo.
Ossessionato da un possibile tradimento, da parte della sua Sara, l'uomo inizia a mischiare realtà e fantasia, perdendosi all'interno di miraggi in cui immagina modalità e possibilità di accoppiamenti meschini e lascivi.
Terrible Truth è un lavoro davvero molto curato, in tutte le sue sfaccettature.
I fratelli Capasso, che già erano riusciti a farsi notare per il cortometraggio L'Occhio, libera rielaborazione del racconto "Il cuore rivelatore" di Edgar Alla Poe, costruiscono con una perfezione maniacale la sequenza di inquadrature, amalgamandole in un montaggio senza intoppi. Decisamente sopra la media dell'indie, il lavoro fatto sulla fotografia.
La giusta commistione di pulp e ironia, fa di Terrible Truth un degno figlio del cinema post-tarantiniano.
La trama lineare e credibile non ha cedimenti strutturali, nell'arco dei 20 minuti di durata.
Molto buona anche la scelta degli interpreti, sempre credibili e nella parte, solo un passo sopra gli altri l'attore che interpreta il personaggio di Eddie.
La pianta della gelosia partorisce solo frutti velenosi, nel cupo gioiello pulp dei fratelli Capasso, che regalano al pubblico un finale [magari un po' prevedibile] ma davvero molto amaro.

Luca Ruocco

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da: IndieHorror

L’affabulazione dell’inconscio, in un trattamento di contaminazione che con gli anni modula la nostra percezione (o semplicemente il nostro modo di vivere), non smuove nel profondo di un uomo quelle deformazioni che crescono come innesti marci, frutti di un trauma. Se la lucidità di un individuo fosse la silenziosa volontà di camminare nel proprio presente, in questo film perderebbe tutta la sua funzione e acquisirebbe un risentimento capace di tramutare dal passato al presente sino a diventare un’ alterazione illusoria.
Terrible Truth è  il  nuovo  lavoro  dei  napoletani  Angelo  e  Giuseppe  Capasso che,  ispirati  ad (o da?)  una  memoria  tanto  dolorosa  quanto  incosciente,  hanno  diretto  un  corto  dal  ritmo  incalzante,  girato  e  fotografato  molto  bene.
La  disposizione  delle  scene  e  la  sospensione (che  man  mano  si  riforma  in  tensione) sono distribuite  nel film, in modo tale che scivoli via  senza  mezzi termini,  traducendo  in  scansione  l’azione  dei  tre  protagonisti.  In  alcuni  punti, inoltre,  il  film  confluisce  verso dei  flashback che nascondono alla  base  il  forte  malessere  di  uno  dei  personaggi.
Tralasciando  la  notevole professionalità  del  cast  tecnico,  l’occhio  è  presto  catturato  dall’armonia  di  Eddie,  Sara e  Tony. In momenti molto forti creano  una  simbiosi  con  le  proprie  maschere, esasperando i movimenti del capo come a simboleggiare l’agitazione  del  trio.
Saper creare non solo una consequenzialità a lama di rasoio ma anche una dualità nel carattere dei personaggi, costruisce la visione del film in una grafia di ottima coerenza, dove lo spettatore con facilità si integra nel mood della storia.
Terrible Truth, nella sua vivacità, pone quelle domande che non sono mai fine a se stesse e che, per volere della sorte, hanno sempre un seguito e pongono sostanziali differenze nel percorso di un individuo dove gli sbagli sono sempre degli altri. E il miglioramento nell’uomo, di cui non è facile capirne il senso, prende una piega malsana non offrendo (dopo la consapevolezza di un gesto) nessuna via di uscita. Spietato.

Donato Arcella

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Note di Regia

Tre giovani amici e le loro vicende. Tra rapine in ricche ville e una birra al solito pub, emerge in Eddie un forte sentimento di gelosia, ma non si tratta di un’innocua e comune gelosia tra amanti, bensì di un’ossessione che cresce come un tumore nella mente del protagonista.
La gelosia morbosa prende origine da sospetti, dubbi o circostanze infondate, affondando la sua vera natura in un'angoscia che come un tarlo insinua la mente ma difatti non ha nessun riscontro nella realtà. Tale angoscia produce delle vere e proprie rappresentazioni mentali in cui la realtà effettiva è deformata e interpretata in modo errato.
L’ossessione, il più delle volte, affonda le sue origini nell'infanzia, in una cattiva relazione che il geloso ha instaurato con i propri genitori, sopratutto con quello di sesso opposto.
La psicoanalisi Freudiana c’insegna che il bambino in tenera età è “innamorato” del genitore del sesso opposto e pertanto vede nell’altro un vero e proprio rivale.
Talvolta un'affettività che, dal punto di vista del bambino, non ha trovato riscontro è riscattata in età adulta attraverso il possesso assoluto sul suo partner e da qui la conseguente ossessione della perdita di possesso sull’oggetto del proprio desiderio. Il flashback in cui Eddie ripiomba nel suo passato anticipa il motivo di ciò che poi scopriremo, essere la sua ossessione morbosa. La visione della mamma (oggetto del suo amore) violata dalla figura bruta e autoritaria del padre (antagonista) in qualche modo segnerà la sua psiche, tale visione ritornerà nei suoi incubi da adulto, ma in questo caso con l’attuale oggetto del suo desiderio, Sara, portandolo a una totale cecità e alla convinzione di trovarsi nel giusto fino a fargli commettere l’errore fatale.
Come nel precedente “L’Occhio”, anche in questo caso la storia parla di un classico antieroe, un perdente che cerca di riscattarsi dalla sua miserabile condizione ma, seguendo la strada sbagliata, inevitabilmente fallisce.
Il film non ha pretese di fornire spiegazioni o segnare vie maestre da seguire ma vuole prendere in esame una determinata condizione umana, tra l’altro abbastanza ricorrente, e di mostrarla allo scopo di far riflettere.

Angelo e Giuseppe Capasso